Negli ultimi giorni sono trapelate una lunga serie di anticipazioni sui piani futuri di Apple, frutto dell’analisi di build interne e riferimenti nel codice. Si è parlato di nuovi dispositivi per la casa, di aggiornamenti per HomePod mini, AirTag e persino di nuovi display. Ma tra tutte queste novità, ce n’è una che colpisce più delle altre perché riguarda un problema vecchio, irrisolto e ormai difficile da ignorare.
Parliamo di Siri.
Siri è da tempo il bersaglio di critiche e ironia. Spesso non capisce i comandi, altre volte si attiva senza motivo, magari durante una scena di una serie su Apple TV, come se il trigger vocale fosse diventato un evento casuale più che un meccanismo affidabile. La gestione dei nomi delle canzoni è notoriamente imprecisa, l’esecuzione dei comandi elementari è instabile e l’assistente tende a rispondere con una sicurezza che non trova riscontro nei risultati.
Il problema è che Siri non è una funzione accessoria. È integrata in quasi ogni prodotto Apple, da iPhone a Mac, passando per Apple Watch, HomePod e Apple TV. Quando qualcosa va storto, non è un fastidio occasionale, ma un limite che incide sull’esperienza quotidiana.
Nel giugno del 2024 Apple aveva annunciato una Siri profondamente rinnovata, alimentata dall’intelligenza artificiale. L’azienda aveva parlato di un assistente più naturale, più contestuale e più personale, evitando però di riconoscere apertamente i problemi accumulati negli anni.
Quella versione, però, non è mai arrivata. A distanza di oltre diciotto mesi non si è visto nulla di concreto e, secondo le informazioni più recenti, il debutto sarebbe ora previsto per la primavera del 2026, in parallelo con il lancio del nuovo hub domestico che internamente viene chiamato HomePad. Il progetto, quindi, non sembra cancellato, ma il ritardo è ormai difficile da giustificare.

Il punto non è solo tecnologico, ma anche di fiducia. Negli ultimi anni Apple ha promesso funzionalità che non erano pronte, ha rimandato annunci e ha lasciato gli utenti in attesa di soluzioni che sembravano già dietro l’angolo. La fiducia in un’azienda tecnologica si costruisce anche così, sulla capacità di mantenere gli impegni e di migliorare prodotti già venduti.
Nel caso di Siri, la questione è ancora più delicata perché non si tratta di una novità opzionale, ma di un elemento centrale dell’ecosistema. Chi ha continuato a usare dispositivi Apple confidando in un miglioramento dell’assistente vocale lo ha fatto sulla base di promesse che non si sono concretizzate.
Siri avrebbe potuto essere il vero punto di ingresso nell’ecosistema Apple, l’interfaccia universale capace di collegare dispositivi, app e servizi senza frizioni. Dire ad alta voce cosa si vuole fare, senza preoccuparsi del dispositivo o del sistema operativo, resta un’idea potentissima sulla carta.
Nella pratica, però, molti utenti hanno imparato a diffidare. Usare Siri nel modo teoricamente più comodo significa spesso accettare il rischio che qualcosa vada storto. Ed è esattamente l’opposto del messaggio che Apple ha sempre voluto trasmettere.
Se la nuova Siri arriverà davvero nella primavera del 2026, quello sarà solo il primo passo. Anche ammesso che le basi tecniche siano finalmente solide, Apple dovrà affrontare un lungo lavoro di recupero della credibilità. Migliorare un assistente vocale è difficile, ma convincere gli utenti a fidarsi di nuovo potrebbe esserlo ancora di più.
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