Il progetto congiunto tra OpenAI e Jony Ive, l’ex Chief Design Officer di Apple, sta attraversando una fase complessa. Secondo un nuovo report del Financial Times, lo sviluppo del misterioso dispositivo di intelligenza artificiale su cui i due collaborano da mesi avrebbe subito rallentamenti significativi dovuti a difficoltà tecniche e gestionali.
Una fonte vicina al team di Ive avrebbe spiegato che “la potenza di calcolo è un altro enorme fattore di ritardo”. Mentre colossi come Amazon e Google possono contare su infrastrutture robuste per supportare i propri dispositivi domestici intelligenti come Alexa e Nest, OpenAI si trova ancora alle prese con il problema di mantenere stabili le prestazioni di ChatGPT — un ostacolo non da poco per un’azienda che punta ora a un prodotto fisico destinato al grande pubblico.
Un membro del team di OpenAI, però, ha ridimensionato le preoccupazioni definendo le difficoltà “fisiologiche” nelle fasi di sviluppo di un nuovo hardware, lasciando intendere che i ritardi rientrino in un normale percorso di progettazione.
Oltre alla questione infrastrutturale, le problematiche principali riguardano il software e la definizione della “personalità” del modello. La sfida, spiegano le fonti, è creare un assistente che sappia capire come e quando intervenire in una conversazione, evitando sia di risultare invadente sia di tacere nei momenti cruciali.
Un membro del team, citato dal Financial Times, avrebbe descritto la visione con una formula emblematica:
“Il concetto è che tu debba avere un amico che è un computer, ma non la tua strana fidanzata AI… come Siri, ma migliore.”
Un altro avrebbe aggiunto che la personalità del modello “non deve essere troppo servile né troppo diretta, deve essere utile ma capace di smettere di parlare al momento giusto.”
La collaborazione tra Sam Altman e Jony Ive, nata dopo l’acquisizione della società di design LoveFrom per 6,5 miliardi di dollari lo scorso maggio, è tra i progetti più ambiziosi nel panorama dell’intelligenza artificiale consumer. L’obiettivo è costruire un assistente personale fisico, compatto e privo di schermo, in grado di rispondere ai comandi vocali e visivi dell’utente, comprendendo il contesto ambientale circostante.
Secondo le informazioni trapelate, il dispositivo — sviluppato dal team di Ive — avrebbe dimensioni simili a quelle di uno smartphone e integrerebbe microfoni, altoparlanti e più telecamere. Pensato per essere collocato su una scrivania ma facilmente trasportabile, il device sarebbe dotato di una modalità “always on”, capace di restare costantemente in ascolto e di raccogliere dati ambientali per creare una memoria virtuale personalizzata.
Un approccio che, pur promettendo interazioni più naturali e contestuali, apre inevitabilmente interrogativi sulla privacy. Gestire in modo sicuro dati sensibili e flussi audio continui è uno dei punti più delicati del progetto, e secondo alcune fonti interne sarebbe uno dei motivi dei ritardi.
Il contesto competitivo, inoltre, non gioca a favore. Il mercato ha già assistito a esperimenti falliti come Friend, l’assistente AI indossabile criticato per il suo comportamento “inquietante”, o AI Pin di Humane, il dispositivo finanziato dallo stesso Altman e poi ritirato dopo risultati deludenti.
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