Apple si trova in un momento particolarmente delicato. L’azienda che per anni ha dettato legge in termini di innovazione tecnologica deve ora entrare nel mercato degli smart glass con intelligenza artificiale senza commettere un altro errore clamoroso, una delle sue sfide più complesse.
Il problema è che sebbene Apple si dedichi all’intelligenza artificiale da anni, i suoi concorrenti come Meta hanno colto l’opportunità trasformando le proprie sperimentazioni in prodotti concreti. Ora la società di Cupertino sembra voler recuperare il tempo perduto e lanciare i suoi occhiali smart entro il 2026, quasi volesse tentare un recupero in extremis.
Questa situazione non è nuova per Apple. Dopo il successo dell’Apple Watch, nato tra mille dubbi e poi riposizionato con intelligenza come dispositivo per la salute, sono arrivati una serie di colpi andati a vuoto: il Vision Pro non ha avuto l’impatto sperato, Project Titan è stato ufficialmente cancellato dopo anni di investimenti miliardari e nel frattempo la rivoluzione dell’AI generativa è partita senza di lei.
È vero, ogni progetto ha avuto team differenti, ma l’attenzione e la concentrazione non sono risorse illimitate. Anche per un colosso come Apple.
Nel frattempo, Meta ha avuto un colpo di fortuna epocale. Dopo aver clamorosamente mancato l’occasione del mobile, ha scommesso tutto sulla realtà immersiva. Una delle sue mosse, la partnership con Ray-Ban, sembrava solo un esercizio di stile, un clone evoluto degli Spectacles di Snap. Eppure, proprio nel momento in cui l’AI ha preso il volo, Meta si è ritrovata con le carte giuste in mano.
Anche Meta è stata colta di sorpresa da ChatGPT, ma il suo chief AI scientist, Yann LeCun, ha capito subito cosa stava succedendo e ha accelerato lo sviluppo dei modelli Llama, diventando in pochi mesi un player di primo piano nel settore.
Al contrario, Apple è rimasta a guardare, fedele alla sua cultura della perfezione, ma anche vittima della sua lentezza. Tuttavia, come ha raccontato da un dirigente, tutto questo ritardo potrebbe avere un vantaggio:
“Nel mondo dell’AI, non si sa davvero che prodotto si ha finché non ci si è investito. Ma Apple non funziona così. Apple inizia a lavorare solo quando ha già chiaro il prodotto finale”.
Forse proprio questo approccio, così controcorrente rispetto alla frenesia del mercato, è l’asso nella manica della società. Un prodotto chiaro, una visione definita e una scadenza ambiziosa potrebbero rappresentare la combinazione perfetta per il successo.
Ma ora la domanda è: Apple ha davvero capito che non può permettersi un altro errore?
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