Fino a oggi i chatbot sono stati strumenti da interazione individuale, utili ma confinati in conversazioni uno-a-uno. OpenAI sta provando a superare questo limite con l’arrivo della chat di gruppo, una modalità che trasforma ChatGPT in un partecipante vero e proprio all’interno delle conversazioni.
Il test, per ora, è disponibile solo in Giappone, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Taiwan, mercati scelti per raccogliere feedback da comunità tecnologicamente attive e con abitudini molto diverse nella messaggistica.
La novità si basa su GPT-5.1 e cambia radicalmente il comportamento del modello. ChatGPT osserva gli scambi tra gli utenti, segue il filo del discorso e decide autonomamente se intervenire o restare in silenzio, in base al contesto. In pratica, non è più necessario chiamarlo a ogni messaggio, perché reagisce quando ha qualcosa da aggiungere. Se si desidera una risposta immediata, è sufficiente menzionare “ChatGPT”.
OpenAI ha introdotto anche la possibilità di reagire ai messaggi con emoji e di usare le foto profilo dei partecipanti quando viene chiesto di creare immagini personalizzate. Si tratta di un dettaglio curioso, ma che ci fa capire che il modello non è più un assistente esterno, ma diventa parte integrante della dinamica sociale della conversazione.
Un aspetto pratico riguarda i limiti d’uso. I rate limits si attivano solo quando ChatGPT risponde, quindi i membri del gruppo possono discutere liberamente senza “consumare” risorse a ogni turno.
L’esperimento ci dice che OpenAI sta esplorando un modo nuovo di usare i modelli linguistici. Non più strumenti che rispondono su richiesta, ma agenti conversazionali che interpretano il momento, il tono e il ritmo della discussione.
Restano aperte diverse incognite: la frequenza degli interventi, la gestione delle informazioni personali, l’equilibrio tra utilità e invadenza. OpenAI ha confermato che apporterà modifiche al comportamento del sistema sulla base dei feedback raccolti nei mercati pilota.
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